Il Cammino di Gesù verso la Croce
di Sonia Ristorto
“Gesù è morto per salvarci, è stato crocifisso per i nostri peccati”. Siamo stati abituati fin da bambini a sentire o a dire frasi come questa, è la prima cosa che ci viene in mente pensando alla croce di Gesù. Sì, ma ci siamo mai chiesti che cosa significa veramente? In che senso è morto per noi, per i nostri peccati, per salvarci? Quale significato ha per la nostra vita?
MA DIO HA DAVVERO MANDATO SUO FIGLIO A MORIRE AL NOSTRO POSTO?
La risposta più comune è quella che si basa su uno schema che mette al centro il peccato (in gergo tecnico si chiama “prospettiva amartiologica”). Adamo ha la grazia di Dio, ma pecca e quindi la perde, trasmette il peccato originale a tutte le persone, tutte le persone peccano, Dio si sente tremendamente offeso e le persone dovrebbero porre rimedio a questa enorme offesa riconquistando la grazia. Ma noi non abbiamo nessuna possibilità di fare questo da soli, così Dio manda suo figlio Gesù a scontare la pena al nostro posto (Gesù non ha peccato ma è l’unico che può farlo in quanto metà Dio e metà uomo). In questo modo noi siamo perdonati (abbiamo di nuovo la grazia di Dio) e possiamo sperare di andare in cielo (se ci impegniamo a mantenere tale grazia). Proviamo ad accorgerci dei problemi che uno schema del genere comporta:
- ad essere importante per la nostra salvezza è solo la morte di Gesù, né la sua vita né la resurrezione (che è vista come un semplice premio per il povero Gesù)
- ma che razza di Padre è Dio se manda suo figlio a morire per rimediare a un’offesa fatta a Lui?
- ma era proprio necessaria la morte del Figlio per rimediare a questa offesa? Dio non poteva trovare un modo meno violento?
- l’uomo esemplare è Adamo (che tra l’altro non è mai esistito davvero), come sembra da qui, oppure è Gesù?
- sembra che il peccato sia una fortuna, altrimenti Dio non avrebbe mai mandato Gesù!
Bene, se queste domande sono in grado di incrinare il quadro che abbiamo presentato, significa che è ora di pensare a un quadro nuovo, rileggendo l’Evento di Gesù Cristo così come ci viene raccontato nei Vangeli.
MA GESÙ ERA UNO COME NOI O UN SUPER-UOMO?
Spesso ci immaginiamo Gesù come uno che sapeva già tutto, anche il futuro, ben diverso da noi che invece dobbiamo faticare nella vita. Una specie di super-uomo sempre in comunicazione con Dio, talmente buono da sembrare irraggiungibile, un mezzo mago capace di fare miracoli, che se ne va a morire sereno e tranquillo perché sa che dopo tre giorni il Padre lo farà risorgere.
Se leggiamo bene cosa c’è scritto nei Vangeli, Gesù non era affatto così!!! Gesù non si inventa una vita diversa dalla nostra, ma assume la nostra (come dicevano i Padri della chiesa: ciò che Gesù non ha assunto non ha nemmeno salvato). Quindi è necessario che la vita di Gesù sia una vita pienamente umana, con tutti i problemi che abbiamo noi, con la fatica di imparare a vivere e di mettere su qualcosa di sensato, nel difficile rapporto con gli altri (che si vedono ma che non sempre si capiscono) e con Dio (che nemmeno si vede). Questo non significa sminuire l’importanza di Gesù o negare la sua divinità: tutt’altro! Gesù è il Signore e il Figlio di Dio e pretende di essere tale! Solo occorre capire questa sua pretesa a partire dalla sua vita e non partire con questa idea in testa e poi immaginarci la sua vita.
Vediamo quindi di ripercorrere la vicenda di Gesù nei suoi momenti fondamentali, soffermandoci soprattutto sul suo cammino verso la croce.
LA PROMESSA DEL REGNO
E’ bene chiarire che Gesù non spunta come un fungo in un’epoca e in un luogo non ben definiti. Gesù ha vissuto nell’Israele del I secolo, piccolo territorio dell’Impero romano, era un ebreo e viveva in mezzo ad ebrei. La sua missione e la sua predicazione si inseriscono al’interno di una tradizione religiosa data dall’Antico Testamento, in cui per secoli i profeti hanno annunciato la promessa di Dio: arriverà un momento in cui sarà Lui a regnare, in barba ai romani e a tutti gli altri, e a far iniziare questo regno sarà il Messia, il Cristo, l’Unto (stiamo dicendo tre sinonimi, uno in ebraico, uno in greco e uno in italiano) mandato da Dio stesso. Ora, al tempo di Gesù ognuno si era fatto la propria idea sul Messia, ma in generale molti si aspettavano uno che avrebbe avuto successo scacciando i romani, conquistando il consenso di tutto il popolo… insomma, ci si aspettava un politico o un combattente. Alcuni personaggi si erano presentati come Messia ma poi erano stati smentiti dagli eventi. Gesù fino ai 30 anni porta avanti una vita normalissima (così normale da non essere degna di nota, i Vangeli non ce la raccontano). Intorno ai 30 anni cambia radicalmente vita lasciando la sua famiglia ed entrando nel giro di Giovanni il Battista. Giovanni annunciava l’imminente arrivo del Regno di Dio e la necessità di cambiare vita (conversione simboleggiata dal battesimo che faceva nel Giordano), pena l’esclusione dal Regno stesso. Gesù nei primi tempi inizia a battezzare con Giovanni, pur iniziando a farsi discepoli propri, poi si separerà da lui e inizierà ad annunciare il Regno in modo diverso da Giovanni, senza più battezzare. Gesù annunciava: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino: convertitevi e credete nella buona notizia (che in greco si dice evangelo)”. Tutta la missione di Gesù, comprese parabole, miracoli, esorcismi, devono essere presi in conto come segni della presenza del Regno. Gesù non si limita ad annunciare questo evento con le parole, ma si identifica direttamente con questo evento, assume la consapevolezza di avere un rapporto molto speciale con Dio e si comporta come se volesse dire: “Volete vedere il Padre e il Regno? Guardate quello che faccio io e vedrete che ciò che succederà mi darà ragione.” Gesù pretende che i suoi gesti siano i gesti del Padre, pretende cioè di far vedere, attraverso ciò che fa lui, qual è il volto di Dio. Pretende di mostrare Dio, un Dio che non castiga ma che accoglie nuovamente chi sbaglia, un Dio che è totalmente e solamente dalla parte dell’uomo, un Dio che rialza chi è caduto e che compie solo gesti di liberazione dal male e non di vendetta o di violenza.
LA SVOLTA DI CESAREA
Gesù e i suoi apostoli si trovano a Cesarea di Filippo, quando Gesù chiede ai suoi discepoli: -Voi chi dite che io sia?- e Pietro risponde: -Tu sei il Cristo!- Ma Gesù intima loro di non parlare di lui a nessuno. Gesù non ha mai usato per se stesso l’appellativo Cristo, o Messia, eppure qui accetta che Pietro lo indichi esattamente come l’Unto, l’Atteso, colui che compirà la promessa di Dio facendo avvenire il Regno. Per quale motivo Gesù, come molte altre volte, soprattutto in occasione di miracoli, intima il silenzio? Perché, come abbiamo detto prima, ognuno aveva una propria idea riguardo a quali caratteristiche dovesse avere il Cristo e il Regno di Dio. E Gesù non voleva che ci si facesse un’idea sbagliata della sua persona, legandola unicamente a guarigioni, moltiplicazioni di pani, fatti straordinari: quelli sono segni del Regno, ma non sono l’unico aspetto, né il più importante. Quale Regno e quale Messia si sarà aspettato Pietro? L’immagine del Cristo che ha in mente Pietro sarà la stessa con cui si identifica Gesù? Vedremo presto che non sarà affatto così. La missione e la predicazione di Gesù va inserita nel contesto della promessa del Regno, già annunciata nelle Scritture dai profeti. Gesù conosce molto bene le Scritture e il modo in cui le varie figure bibliche hanno annunciato e servito la causa del Regno di Dio, egli impara da quelle figure le condizioni di attuazione del Regno. Nelle Scritture i profeti soffrono sempre a causa della Parola che annunciano, lo stesso Giovanni il Battista è stato ucciso a causa di ciò che predicava … come può Gesù pensare di fare una fine diversa? Inoltre, anche se prima di questo momento le cose non sembrano andare così male (molta gente lo segue, fa miracoli, grandi discorsi…) in realtà non tutto va liscio: alcuni capi religiosi e politici vogliono ucciderlo perché ha guarito di sabato, a Cafarnao lo credono posseduto dal demonio, la sua famiglia pensa che sia impazzito e vorrebbe riportarlo a casa, a Nazareth non gli credono, la gente non si converte prontamente come lui si aspetterebbe… qui a Cesarea Gesù dice per la prima volta apertamente che il Regno di Dio si realizzerà, ma che tale realizzazione non sarà per niente tranquilla e non sarà neppure coronata dal successo: Gesù vuole andare a Gerusalemme dove verrà certamente ucciso dal potere religioso e politico. Pietro si ribella, prende in disparte Gesù e lo rimprovera. Come dargli torto? Aveva lasciato tutto per seguire Gesù, convinto che fosse davvero lui il Cristo che avrebbe realizzato il Regno di Dio… ma che razza di realizzazione è morire senza aver portato a termine nulla di concreto? A Pietro pare più un fallimento! Dall’episodio in cui Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù di avere dei posti di rilievo nel suo regno, si capisce che i discepoli si aspettano un Regno coronato da un successo storico-politico, aspettativa che Gesù non condivide affatto. Il Regno che ha in mente Gesù non ha i tratti di una conquista militare o politica, ma quella più umile di un opporsi alla violenza in modo non violento, ha i tratti più realistici di una vita che non va come dovrebbe andare, ma che non per questo deve dirsi fallita. Gesù ha fiducia in Dio e nel suo intervento salvifico, sa che il Regno verrà, nonostante tutto.
ENTRATA MESSIANICA IN GERUSALEMME E AZIONE AL TEMPIO
Per quanto i discepoli non comprendano appieno il tipo di Messia che vuole essere Gesù lo seguono comunque nella sua salita verso Gerusalemme (perché è lì che bisogna predicare il Regno, è lì al Tempio il centro del potere religioso, economico e politico, è quella la città in cui i profeti hanno predicato… e sono morti). Una settimana circa prima della Pasqua ebraica Gesù entra a Gerusalemme con la consapevolezza di essere il Messia, e per far capire ai suoi seguaci che tipo di Messia è utilizza un’immagine presa dal profeta Zaccaria 9,9, in cui il Messia è presentato come un Re umile e non come un guerriero, che entra in Gerusalemme a cavallo di un asino. Si tratta di un gesto simbolico rivolto ai suoi pochi seguaci, non suscita nessuno scalpore in una Gerusalemme piena di pellegrini. Il giorno dopo Gesù sale al Tempio e lì, nel cortile dei gentili, quello più esterno aperto a tutti, rovescia i tavoli dei cambiamonete e le panche dei venditori di colombe per i sacrifici, accompagnando tale gesto con parole tratte dai profeti. Si tratta anche qui di un gesto simbolico, che immediatamente pare modesto (nessuno interviene a fermarlo, né i romani né i capi dei sacerdoti) ma che sarà la causa prima del suo arresto (provoca l’ira dei capi dei sacerdoti e degli scribi che cercano un modo per farlo morire). I cambiamonete e i venditori di colombe non erano abusivi al Tempio, ma erano attività permesse dalla Legge, anzi, utili per il normale svolgimento dei sacrifici e delle offerte. Gesù si pone in contrasto con il Tempio, critica radicalmente la sua trasformazione in un sistema commerciale, fine a se stesso, non più in grado di rendere gloria a Dio: non saranno le discussioni con i farisei riguardo alla Legge a risultare mortali per Gesù (sulla Legge era normale discutere e avere interpretazioni differenti), ma la critica radicale al Tempio (cuore pulsante del potere religioso, politico ed economico!).
L’ULTIMA CENA
Gesù non è uno sprovveduto, sa esattamente il rischio che corre, non legge il futuro ma ha capito chiaramente che dopo ciò che ha fatto i suoi giorni sono contati. Per questo nell’ultima cena Gesù interpreta la sua morte, che sente come prossima. E la interpreta nel contesto della sua missione per la venuta del Regno di Dio, attraverso i gesti e la benedizione sul pane e sul calice. Benedire pane e calice non era un gesto nuovo nel contesto di una cena ebraica, ma era il normale modo di procedere. In questa cena particolare Gesù dà un significato nuovo alla benedizione rituale prima e dopo il pasto: parla di se stesso e di come intendere la sua morte prossima. Il contesto è di fiducia verso il Padre, anche se la sua morte pare costituire il fallimento della sua missione, Gesù è convinto che questa non sarà la fine di tutto, che Dio interverrà in qualche modo, anche se non sa esattamente come. La sua morte sarà per la venuta del Regno, a favore di tutti.
LA PREGHIERA NEL GETZEMANI
Dopo la cena Gesù va al Getzemani per pregare e la sua preghiera prende la forma di un’esperienza angosciosa. Alla padronanza di sé della cena si sostituisce paura, tristezza e angoscia . Ad andare in crisi è il rapporto fra la volontà di Gesù e quella del Padre: anche a Gesù, come a tutti noi, fa difficoltà che l’ingiustizia e il male abbiano la meglio, che il Padre non intervenga come ci si potrebbe aspettare da un Padre buono che ha cura dei suoi figli. La fede non è mai una cosa lineare e semplice, la fede è costantemente messa alla prova dalla vita. Gesù supera questa terribile prova, e decide di fidarsi di Dio, nonostante tutto. “Non la mia volontà ma la tua” non significa che la volontà di Dio sia di mandare a morte Gesù, sono gli uomini che lo vogliono morto, non Dio. Significa però che Gesù ritiene che il Padre sia affidabile anche se a livello di intervento storico e concreto non sembra, anche se invece di intervenire con forza per cambiare le cose se ne sta in silenzio (e questo silenzio pare scandaloso!). E’ questo modo di operare del Padre ad essere definito da Gesù “la tua volontà”, un operare non violento, che non obbliga nessuno ad accoglierlo, ma che lascia liberi di fidarsi o meno di lui.
GESÙ CROCIFISSO
Gesù viene ucciso per questioni politiche e religiose, non è Dio che vuole la sua morte! Gesù viene ucciso a causa del suo impegno e la sua fedeltà all’annuncio del Regno, così scomodo per i capi religiosi. Piuttosto a scandalizzare è che il Padre in quella morte si rivela storicamente inefficace (lo lascia morire… come lascia morire ciascuno di noi), in quell’evento Dio pare assente, è invece presente nella fede di Gesù: Gesù muore infatti rivolto al Padre, gridando al Padre “Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato?” E’ una domanda che mostra tutta l’ingiustizia della situazione e tutta l’angoscia di Gesù, per una vita che non va come dovrebbe andare, ma in cui il Padre continua a rimanere l’ultimo e l’unico appiglio affidabile, nonostante tutto sembri mostrare il contrario. Il morire di Gesù non è un morire tranquillo, anche Gesù, come ciascuno di noi, fa esperienza dell’ingiustizia e della sofferenza e non trova una risposta al perché la vita è così, al perché il Padre lascia fare, fa silenzio e non si impone. Eppure, non smette di rivolgersi a Dio ritenendolo, anche in quel momento, degno di fiducia e di affidamento. La Signoria di Dio non è una signoria violenta di un dittatore che si impone, Dio bussa alla tua porta in attesa che tu gli apra, ma se non lo fai non la butta giù : Gesù mostra un Dio che non opera con la forza, che non obbliga nessuno a credere in lui. Gesù mostra un Dio di cui ci si può fidare perché è in grado di mantenere la promessa che la vita possa avere un senso, anche quando tutto ci porterebbe a disperare. Dio è affidabile, Dio è il Signore, il Regno di Dio viene, ma non nella maniera in cui noi ci aspetteremmo.
IL CROCIFISSO RISORTO
La croce è l’ultima parola storica, storicamente non ha vinto il Regno di Dio ma l’ingiustizia umana . La vita di Gesù pare un martirio insensato, la promessa del Regno pare smentita per sempre. Gli amici di Gesù tornano delusi alle loro vite di prima. Ma Dio ha ancora una parola da dire su questa vita: Dio si identifica totalmente con la vita di Gesù, con la fede di Gesù. Gesù ha vissuto così bene la sua vita da corrispondere perfettamente all’intenzione di Dio per ogni uomo. E una vita così non può essere sconfitta dall’ingiustizia e dalla morte. Dio fa risorgere Gesù! Gesù è, di nuovo, vivente: non al modo di chi ritorna alla precedente vita storico terrena, ma come chi sta al di là della morte, finalmente vinta (ma successa e indelebile!). La resurrezione è la conferma e il compimento del suo modo di vivere e della sua convinzione di adeguare l’intenzione del Padre. Con la resurrezione Dio conferma che quel modo di vivere è davvero IL modo di vivere! E viene promesso anche a noi che se viviamo secondo lo stile di Gesù, cioè affidandoci al Padre e cercando la giustizia, questa vita non sarà sconfitta nemmeno dal male e dalla morte. Dio non ci promette che se ci fidiamo di lui e viviamo così ci andrà sempre tutto bene , ma ci promette che in ultimo la nostra speranza di vita sensata, così sensata da non essere distrutta nemmeno dalla morte, non è una semplice illusione, ma una realtà.
Combattere contro l’ingiustizia senza rimanerne invischiato, fidarsi del Padre anche quando la sua affidabilità non è poi così chiara e ciò che ci chiede non ci piace poi così tanto perché ci costa fatica e sofferenza… ecco il modo di vivere seguendo Gesù, un modo di vivere che agli occhi del mondo può sembrare fallimentare, ma che agli occhi di Dio è l’unica cosa da fare.
Consiglio alcuni libri utili (e abbordabili: facili, brevi, economici) per un approfondimento generale sul Vangelo:
- Duilio Albarello, L’umanità della fede (come accogliere la buona notizia del Vangelo nel nostro oggi secolarizzato?)
- Piero Stefani, La Bibbia (della collana Farsi un’idea de Il Mulino: schematico, chiaro, semplice)
- Piero Stefani, Gesù (idem come sopra)
- Massimo Epis, La perla e l’olio: introduzione alla fede cristiana (un percorso di fede pensato per ragazzi)
- PierAngelo Sequeri, Il timore di Dio (un gran bel libro: il volto affidabile di Dio in alcuni passi evangelici)
- PierAngelo Sequeri Senza volgersi indietro (idem come sopra)
- Giuseppe Angelini, Lettera viva: i Vangeli e la presenza di Gesù (ottimo libro)
- Carlo Sebastiano Vallati, Ascolta e stai accanto (per parlare di fede a chi soffre)
- Gerd Theissen, L’ombra del nazareno (romanzo storico ambientato durante la predicazione di Gesù)
- Heinz Schürmann, Regno di Dio e destino di Gesù (un po’ più complicato, ma decisamente interessante)
- Carlo Isoardi, Cristianesimo e antropologia (più complicato, ma indispensabile) L’autore è il mio maestro –e quello di Fra Luca- gran parte delle cose che so le devo a lui.