Il mistero di Ghiaie di Bonate
Premessa. La catechesi del Gifra affronta il mistero delle apparizioni della Madonna a Ghiaie di Bonate, località a breve distanza da Bergamo in cui Adelaide Roncalli ha sostenuto – è scomparsa lo scorso agosto a 77 anni – di aver visto la Madonna dall’13 al 31 maggio 1944. All’epoca l’Italia era dilaniata dalla seconda guerra mondiale e dalla guerra civile tra i reduci del ventennio fascista e i partigiani sostenuti dagli alleati. Ghiaie di Bonate si trovava all’interno della Repubblica di Salò e quindi sotto l’occhio attento di alleati e forze di occupazione naziste, a concreto rischio di bombardamento. Eppure Adelaide Roncalli, una bambina di 7 anni, fu capace di portare migliaia di pellegrini a testimoniare la propria devozione alla “Madonna delle Ghiaie”, che secondo la veggente sarebbe apparsa nove volte, dal 13 al 21 maggio e dal 28 al 31. Fin qui la cronaca dei fatti, tuttavia su quella che è stata definita la “Fatima di Lombardia” si è scatenato sin dal 1944 un duro confronto tra sostenitori e negatori delle apparizioni, ancora oggi non sopito. La Chiesa si è espressa sulla questione con un decreto dell’allora vescovo monsignor Adriano Bernareggi, datato 30 aprile 1948, nel quale si afferma che «non consta della realtà della apparizioni». Anche riguardo a questa pronuncia, confermata da tutti i successori di mons. Bernareggi, sono state fornite valutazioni differenti, contrapponendo da un lato chi vi legge una chiusura definitiva e dall’altro chi ritiene che il giudizio sia sospeso, analogamente a quanto accade oggi per Medjugorje.
Nota dell’autore. L’interpretazione, che contrappone non solo i fedeli, ma perfino i sacerdoti, è sottile, per cui chi scrive ritiene di prendere come riferimento le “Normae de modo procedendi in diudicandis praesumptis apparitionibus ac revelationibus” della Congregazione per la Dottrina della Fede, pubblicate il 25 febbraio del 1978 (dopo le apparizioni del 1944) e recanti le linee guida per la valutazione di apparizioni private, almeno in attesa di migliori e precisi chiarimenti. In esse si fa riferimento esclusivamente alle formule “constat de” e “non constat de” supernaturalitate, nel primo caso esprimendo un giudizio positivo e nel secondo caso esprimendo un giudizio negativo. In entrambi i casi c’è l’espressione di un giudizio e pertanto c’è un pronunciamento della Chiesa, che è possibile ritenere non definitivo solo perché in qualunque momento le autorità ecclesiastiche potrebbero decidere di riaprire il caso, cosa che per Ghiaie di Bonate non è accaduta.
Dalla parte di Adelaide.Decisamente a favore della veridicità delle apparizioni è il relatore Alberto Lombardoni, autore del libro “Non mi hanno voluta!” che lunedì sera ha messo in fila tutti i dati che a parere suo, e di molti fedeli, fanno pendere la bilancia verso Adelaide Roncalli. «Nella valutazione del caso – ha spiegato Lombardoni – la diocesi di Bergamo non ha preso in esame le 300 guarigioni, di cui 80 non ordinarie, che sono legate alle apparizioni di Ghiaie. C’è un documento del 1 giugno 1944 dell’allora mons. Testa – Gustavo, poi cardinale – in cui si fa riferimento a centinaia di guarigioni, persone visitate da medici. A Fatima, c’è stato un solo fenomeno solare concentrato solo sulla Cova da Iria, a Ghiaie ce ne sono stati sei, visti anche altrove, non solo in montagna a 50 chilometri di distanza, ma anche in Piemonte, Veneto e, da testimonianze, persino in Svizzera e in Germania». Per questo Lombardoni ha avviato un lavoro certosino fatto di raccolta di testimonianze e di documenti, a partire dai racconti di chi sostiene di aver assistito al fenomeno solare, come il sacerdote Attilio Goggi che in quei giorni era insegnante nella diocesi di Novara oppure il senatore Giuseppe Belotti di Bergamo che durante uno dei fenomeni si trovava con il vescovo Bernareggi, il quale «disse di entrare in chiesa per intonare il “Te Deum” di ringraziamento», come ricorda lo stesso Belotti in uno dei reportage presentati da Lombardoni, il quale ha raccolto anche le riprese originali di Vittorio Villa, nelle quali compare la giovane Roncalli. Un altro argomento portato dal relatore a favore delle apparizioni sono le guarigioni, in particolare quella del cieco Antonio Zordan, della rachitica Rita Azzuffi miracolata dalla sabbia di Ghiaie e del malato di leucemia Ettore Bonaldi, sacerdote che entrò in contatto con Adelaide Roncalli in ospedale nel 1966, quando questa era diventata infermiera dopo aver ricevuto, nel 1953, l’ordine di “svestizione” dalla diocesi di Bergamo, che le aveva impedito in due occasioni di entrare a far parte delle suore Sacramentine. Terzo punto che confermerebbe il racconto della veggente, le profezie fatte dalla Madonna, in particolare quella sulla fine della seconda guerra mondiale e quella sul rapimento di Pio XII ad opera dei nazisti, effettivamente progettato in quel periodo. «La Madonna – ha commentato Lombardoni – disse ad Adelaide “Io lo proteggerò ed egli non uscirà dal Vaticano”, riferendosi esplicitamente al Papa. Effettivamente nel ’44 ci sarà l’ordine di deportare il papa, non eseguito dal generale Wolff che si recherà di nascosto dal pontefice: come poteva saperlo una bambina? La Madonna rispose anche alla domanda sulla pace dicendo “se gli uomini faranno penitenza fra due mesi, altrimenti fra poco meno di due anni”. Adelaide aveva anche aggiunto “quel giovedì” e il 20 luglio del ’44 ci sarà l’attentato a Hitler nella “Tana del lupo”, la cosiddetta Operazione Valchiria. La Madonna non aveva detto che sarebbe finita la guerra con certezza».
Il contenuto delle apparizioni. «Cosa ha detto – ha interloquito Lombardoni – la Madonna a Ghiaie? Tante cose. Ha parlato di famiglia, di doveri dei figli, di amore verso il prossimo, di pace, del papa, dei “peccatori ostinati che fanno soffrire il mio cuore perché non pensano alla morte”. Adelaide dice che la Sacra Famiglia si manifesta in mezzo a una chiesa, con un asino, una pecora bianca, un cavallo “del solito colore marrone” e un cane maculato. Le quattro bestie sono inginocchiate e muovono il muso come se pregassero, rivolte verso la Sacra Famiglia. Il cavallo a un tratto si allontana e si dirige verso un campo di gigli, intenzionato a calpestarli, san Giuseppe lo raggiunge, lui tenta di dissimulare le sue intenzioni, ma si fa ricondurre accanto agli altri animali. Chi era il cavallo? Il capofamiglia, una persona cattiva, avida di dominio, che voleva distruggere il semplice candore dei gigli». Delle apparizioni e dei messaggi tuttavia non esiste alcuna interpretazione teologica perché «nessun teologo finora ha voluto interpretarle».
Una vita difficile. Quello che resta, al di là delle valutazioni, è un’esistenza travagliata per una bambina strappata alla famiglia all’età di sette anni e sottoposta a pressioni psicologiche notevoli, in primis da quel don Luigi Cortesi «giovane professore del seminario di Bergamo» che, secondo quanto riporta il vaticanista Andrea Tornielli, «quasi da solo si mise a investigare» e lo fece in maniera quanto meno inusuale. «Don Cortesi – ha confidato Lombardoni – ha ammesso lui stesso di aver condotto esperimenti che sarebbero stati considerati sacrilegi, tra cui, secondo le mie ricerche, ci fu anche l’ipnosi. Suscitò in Adelaide l’incubo del peccato mortale e dell’inferno, la interrogò giorno e notte, anche senza farla mangiare, in confessione gli diede una penitenza per l’intera vita, fino a strappargli una ritrattazione scritta il 15 settembre del 1945. Adelaide la ritrattò il 12 luglio del 1946, ma questo secondo testo non fu preso in considerazione. Inoltre Adelaide, ancora bambina, nel 1947 fu sottoposta a processo ecclesiastico, cinque sedute più una seduta tecnica intermedia di cui non furono informati neppure i genitori». Del trattamento inconsueto di cui fu destinataria Adelaide Roncalli era consapevole anche papa Giovanni XXIII, che in una lettera al vescovo di Faenza monsignor Giuseppe Battaglia scrisse: «ciò che vale… è la testimonianza della veggente: e la fondatezza di quanto asserisce a 21 anni e in conformità alla sua prima asserzione a 7 anni: e ritirata in seguito alle minacce, alle paure dell’inferno fattele da qualcuno». Parole di dubbio, anche se occorre ricordare che pure papa Roncalli fu sempre cauto sulla possibilità di riaprire il caso.
Nota del relatore Lombardoni
Prima del 1978, – i fatti di Ghiaie di Bonate sono avvenuti nel 1944 –, sulle manifestazioni soprannaturali, la Chiesa, poteva esprimersi con tre formule: «constat de supernaturalitate», con la quale riconosceva la soprannaturalità di un evento; «constat de non supernaturalitate», con la quale escludeva la soprannaturalità di un evento; e infine «non constat de supernaturalitate», con la quale si diceva che al momento non si era in grado di affermare che i fenomeni erano di origine soprannaturale, ma neppure si era in grado di smentire categoricamente tale possibilità, lasciando aperta la possibilità di eventuali riconoscimenti futuri. Dal 1978, però, la formula «constat de non supernaturalitate» non è più menzionata nel più recente documento della Chiesa sull’argomento, e cioè «Normae S. Congregationis pro doctrina fidei de modo procedendi in diudicandis praesumptis». Quindi per Ghiaie di Bonate sarebbero ancora in vigore le norme antecedenti al 1978. In merito al «non constat de supernaturalitate» del decreto di mons. Bernareggi del 1948, Lombardoni ha proiettato un intervento a Rai2 dell’esperto mariologo, Padre Angelo Tentori, scomparso recentemente, che spiega che non si tratta di un giudizio negativo, ma di un giudizio sospensivo (altrimenti Bernareggi avrebbe usato la formula «constat de non supernaturalitate». Quindi, il caso è ancora aperto. Lombardoni ha tra l’altro rivelato dell’esistenza di una Commissione istituita un paio di anni fa, fuori diocesi, dal vescovo di Bergamo mons. Beschi, che avrebbe il compito di rivedere il Caso Ghiaie.