Cercare la verità – incontro superiori
Cercare la verità
E per la barca che è volata in cielo
che i bimbi ancora stavano a giocare
che gli avrei regalato il mare intero
pur di vedermeli arrivare
Per il poeta che non può cantare
per l’operaio che non ha più il suo lavoro
per chi ha vent’anni e se ne sta a morire
in un deserto come in un porcile
e per tutti i ragazzi e le ragazze
che difendono un libro, un libro vero
così belli a gridare nelle piazze
perché stanno uccidendo il pensiero
per il bastardo che sta sempre al sole
per il vigliacco che nasconde il cuore
per la nostra memoria gettata al vento
da questi signori del dolore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e di parole
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
In questo disperato sogno
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
anche restasse un solo uomo
Chiamami ancora amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Perché le idee sono come farfalle
che non puoi togliergli le ali
perché le idee sono come le stelle
che non le spengono i temporali
perché le idee sono voci di madre
che credevano di avere perso
e sono come il sorriso di Dio
in questo sputo di universo
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e parole
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Continua a scrivere la vita
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
che è così vera in ogni uomo
Chiamami ancora amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e parole
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
In questo disperato sogno
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
anche restasse un solo uomo
Chiamami ancora amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
“La fede si accende quando la vita bussa alla porta della nostra esistenza”, scrive il vescovo di Novara, Monsignor Giulio Brambilla. Questo è perché a volte abbiamo l’idea che andare a Messa, pregare siano tutte cose scontate e a volte un po’ inutili. La colpa è nostra che per troppo tempo abbiamo relegato la fede ad un ambito marginale della vita: la ricerca della vita eterna, qualcosa che sta al di là della nostra esperienza e che non ci tocca.
Scrive il teologo protestante Dietrich Bonoheffer: Cristo ti afferra al centro della vita. Questo signor Bonoheffer ha pagato di persona questa frase finendo la sua vita impiccato dai nazisti, scomunicato dalla sua chiesa, ma sereno e soddisfatto. Già perché a volta fa più comodo un’obbedienza prona, stile pecore, magari dietro la ricompensa della vita eterna, obbedire senza discutere, il buon cristiano è il perfetto suddito, frutto della commistione tra stato e Chiesa. È passata quell’epoca e compito dei cristiani oggi è dare di nuovo ragione del proprio fidarsi di Dio, anche a costo di buttare giù certezze assodate. “Abbattere i bastioni”, diceva il grande teologo Von Balthasar, ed è proprio quello che andiamo a fare.
La parabola del coraggio
Matteo 25,14-30
14 Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15 A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. 16 Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. 17 Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18 Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19 Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. 20 Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. 21 Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. 22 Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. 23 Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. 24 Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; 25 per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. 26 Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27 avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28 Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29 Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. 30 E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.
Leggiamo questa parabola a partire dalla sua collocazione si trova nel contesto delle tre parabole della vigilanza del capitolo 25. Siamo in contesto della fine imminente, Gesù è sicuro che il Regno di Dio si realizzerà di lì a poco e ha compreso che tale realizzazione passa per la sua morte.
Le tre parabole riportate al capitolo 25 possono essere riassunte così:
- Parabola delle vergini con i lumi: importanza di vigilare in questo tempo;
- Parabola dei servi: la vigilanza ha l’aspetto di una operazione rischiosa;
- Parabola del giudizio finale: l’operazione consiste in una dedizione al prossimo;
Osserviamo che in tutte e tre le parabole si parla di un tempo futuro sempre più ampio (il ritorno dello sposo, il ritorno dell’uomo, l’arrivo del re) che però non costituisce il centro della parabola: questo tempo rimanda sempre al comportamento dei protagonisti (la cosa importante è cosa hanno fatto o non fatto le vergini, i servi, quelli alla destra e quelli alla sinistra). Possiamo dire che queste parabole mettono in conto un evento futuro che rimanda alla vita. Ossia: devi prenderti in mano la vita, sapendo che prima o poi renderai conto di quello che fai. Adesso guardiamo da vicino la nostra parabola. Non ci fermiamo sulla struttura, vediamo solo alcuni elementi:
- Il padrone dà ai servi secondo le capacità di ciascuno; i talenti non possono essere identificati con le capacità che abbiamo (altrimenti Dio è palesemente ingiusto perché dà a ciascuno in maniera diversa), piuttosto con le occasioni che abbiamo di impiegare le nostre capacità.
- Nella logica della parabola i primi due servi hanno un comportamento poco responsabile, forse l’unico saggio è il terzo. Se i primi due avessero sbagliato gli affari e avessero perso tutto?
- Il padrone sembra agire in modo dispotico (e il terzo servitore avrebbe ragione).
Tralasciamo per un attimo l’ultima osservazione su cui dovremo tornare e applichiamo le prime due alla logica della fede. Essa è un rischiare tutto per guadagnare. La fede si presenta come un rischio. Quando veniamo all’esistenza percepiamo immediatamente di essere depositari di un credito di cui disponiamo, detto in altre parole: mi trovo la vita tra le mani, che me ne faccio? La risposta mi viene dalla pratica: faccio qualcosa che vedo positivo, che mi attira. Non basta che mi attiri, devo verificare anche la sua attendibilità, devo decidere se può essere buono per la mia vita. Non posso tuttavia avere la certezza della sua bontà finché non l’ho raggiunto. Posso leggere la recensione di un film, ma finché non lo vedo non sarò sicuro che non mi piaccia. Se ci riflettiamo questo è esattamente il contrario di quanto la filosofia occidentale ci ha insegnato: prima c’è la contemplazione e poi l’azione, prima l’idea e poi la pratica. Non stupiamoci se nella riforma Gentile la scuola ideale sia il liceo classico caratterizzato dall’assenza di materie pratiche. Il mondo greco ha ragionato in questo modo: tutto è già compiuto, quello che vedi è solo apparenza, in realtà tutto è già prefissato. Il mondo biblico ragiona in maniera diversa: c’è una storia dove niente si può dire prima che avvenga. L’evento è fondamentale. Il cristianesimo se n’è dimenticato presto e ha preferito la via greca, dove la contemplazione precede l’azione, l’intelletto o la volontà precedono la pratica. L’esperienza e il mondo dei sensi sono declassati (salvo poi doverci fare i conti). Ci occorrerà recuperare l’insieme di tutti i momenti intorno ad un nucleo sintetico che chiamiamo libertà. In essa confluiscono tutti i momenti: da quello sensibile a quello razionale. La libertà sarà l’immagine sintetica dell’uomo.
La libertà è una vita che prende forma. Nel nostro modo di pensare siamo abituati a considerare la libertà come assenza di vincoli. D’ora in poi pensiamo alla libertà come ad una vita che si costruisce, come qualcosa che si raggiunge a prezzo di rinunciare a qualcosa o di mettersi in gioco[1].
Ritorniamo a quanto dicevamo prima: nella vita intuisco qualcosa di positivo e in base a questo do forma alla mia vita, diremo che plasmo il mio desiderio. Si tratta di inseguire la stella per sapere se è autentica, se risplende di vera luce. Solo che non siamo soli: l’aspetto promettente della vita ci arriva grazie alla mediazione di altre persone. Tu non potresti mai cogliere l’aspetto promettente dell’amicizia senza gli amici, come probabilmente non ti fermeresti mai a guardare un tramonto se qualcuno non ti avesse portato a vederne uno.[2]
Si tratta di dar retta ad altre persone che abitano la nostra stessa esperienza da prima di noi e alle quali possiamo dare fiducia. Entra in campo la fede. Dobbiamo scegliere tra le persone che vivono accanto a noi quelle che ce la contano giusta e avere il coraggio di farci guidare da loro in questa avventura della vita. Non a caso i Vangeli non sono un trattato, ma ci raccontano la vita di una persona, una vita che si realizza nella dedizione al prossimo riponendo la speranza nel fatto che Dio garantisca la riuscita di questa vita.
Dio nessuno l’ha mai visto:
il Figlio unigenito che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato
(vangelo secondo Giovanni, cap 1 versetto 18).
Non è importante chi me la conta più giusta, ma chi mi garantisce che la mia scelta sia giusta. Su questo dovremo tornare più avanti, per ora ci basti così. Non è ancora finita: c’è ancora il terzo servitore, ve lo ricordate? Egli ha l’impressione che quel padrone sia malvagio e quanto gli succede pare confermare il suo parere. Non nascondiamocelo: le cose non vanno tutte bene. La promessa che inseguiamo nella vita presenta presto il suo lato ambiguo o addirittura ci viene in mente che chi si è fatto garante della promessa stia dalla parte del male per fregarci. Come possiamo sapere come andrà a finire? Andante, no hay camino,el camino se hace al andar, “viandante non c’è alcun sentiero, il sentiero si traccia camminando”, scriveva un poeta cileno [3], si tratta di percorrere una via. Ora tutto questo stona con l’interpretazione della fede che si proponeva fino all’altro ieri: la fede era vista come una serie di realtà da credere (più o meno chiare) con delle indicazioni (in positivo o in negativo) per conquistare o meglio non perdere il paradiso. Cioè la fede implicava la vita in relazione a qualcosa che stava al di là della vita (ma questo lo vedremo più avanti). Per quanto ci riguarda noi rimaniamo nella vita:
I miti della redenzione nascono dalle esperienze umane del limite. Cristo invece afferra l’uomo al centro della sua vita”[4]
Da tutta questa lunga cavalcata traiamo alcuni elementi che ci accompagnano:
- La vita ce la ritroviamo in mano e sta a noi farne qualcosa;
- La promessa: la vita è mossa da qualcosa che ci pare buona;
- Ad esso si indirizza il desiderio, questa potente energia che abita in noi e che ci mette in movimento.
- Il desiderio va formato, va indirizzato verso ciò che è realmente buono [5]. Per fare ciò diventa rilevante fidarsi di qualcuno.
Dice la leggenda di san Lorenzo che ogni volta che una stella cade dal cielo s’avvera un tuo desiderio. La caduta di una stella lascia una traccia brevissima, quasi istantanea, nel cielo. Perché tu possa approfittare di quell’istante indispensabile che tu tenga sempre pronto un desiderio nell’animo. Ma non e soltanto nella notte di san Lorenzo che cadono le stelle dal cielo: tutta la vita umana e come una notte di san Lorenzo. Si propongono all’improvviso occasioni propizie: come, neppure tu lo sai; quelle occasioni assomigliano a stelle cadenti. Ma perché tu possa davvero cogliere quelle occasioni, ininterrottamente animato da un desiderio, o da molti desideri. [6]