Dalla costrizione all’attrazione
Alla ricerca della “lieta novella”. Sarà in cammino la catechesi quaresimale del Gifra, inaugurata dal frate cappuccino di Chivasso Stefano Campagna, chiamato a discutere del “Passaggio dalla religione del peccato alla religione del lieto annuncio”. «Quanto sarebbe bello – ha detto a mo’ di dichiarazione programmatica – passare dalla religione per costrizione a quella per attrazione». L’antinomia si delinea subito con chiarezza e sembra riecheggiare il dialogo tra opposti affrontato in avvento; da una parte le regole, dall’altra l’amore, aspetti non ontologicamente inconciliabili e che anzi dovrebbero essere in co-occorrenza ed invece si ritrovano in concorrenza. «La fede – ha spiegato padre Stefano – o la vediamo come vitale o come dei precetti, con la frustrazione per leggi che non riusciamo mai a osservare cadendo nel peccato. Ed è un circolo vizioso in cui la religiosità non è affascinante, è per costrizione e non per attrazione. Eppure se noi stiamo al vangelo, al “convertiti e credi al vangelo”, quando Gesù usa quella frase il libro non era ancora stato scritto: allora recuperiamo il senso di quell’affermazione, convertiti non da un libro, ma da una “lieta notizia”».
E’ il linguaggio stesso del cristiano a tradirlo: «Non ho osservato il precetto festivo. Perché, la festa adesso è diventata un precetto? Ma Dio non si potrebbe offendere quando vede che noi arriviamo in chiesa con questa ossessione per il precetto? Uno va a trovare la mamma alla domenica e gli dice “son venuto a trovarti per osservare il quarto comandamento”, io non gli aprirei; ma vieni per la gioia di stare con me. Di un buon cristiano si dice che è “osservante”, il linguaggio tradisce, siamo talmente abituati a dire quale è la norma cui abbiamo mancato e non ci accorgiamo più nemmeno di dire che la causa dell’incarnazione di Cristo è il peccato originale, ma con don Alessandro Scotto dovremmo pensare che Gesù si sarebbe incarnato comunque. Lo scopo iniziale non era quello di togliere il peccato, è da abbandonare questa vecchia idea di un Dio adirato che aspetta una conversione e alla fine manda il Figlio per placare la propria ira, come a dire che il peccato sarebbe più importante di Dio». Un’impostazione tuttavia in contrasto con il percorso seguito dalla Chiesa nella propria storia ed evoluzione, che ha visto presto il tramonto delle comunità delle origini basate sull’armonia e la carità, e l’alba di una struttura gerarchicamente organizzata, con un forte controllo necessario per dare solidità al cristianesimo e basato proprio sulle regole e con l’emergere a stretto giro di posta di contrasti teologici, che in una visione essenziale si potrebbero vedere come “contrasti sulle regole”. Della eterodossia delle proprie parole è consapevole lo stesso padre Campagna quando afferma che «per me l’importante è rompere gli schemi, quello della storia della salvezza come è stata narrata finora» nell’ottica di una riscoperta del Vangelo, della “buona novella”. «Tante volte dimentichiamo che nel Nuovo Testamento si dice “Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo figlio unigenito”, che il Vangelo di Luca scrive “Sono venuto a liberare i prigionieri”, “venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi”, “la verità vi farà liberi”. E’ un invito ad avere in me gli stessi sentimenti di Dio, una cosa enorme; non ci riuscirò mai, ma almeno tento. Dei primi cristiani non si diceva “quanto sono osservanti”, ma “guardate quanto si amano”. Noi siamo stati partoriti nel grembo d’amore di Dio prima ancora che di nostra madre. Il famoso dogma dell’infusione diretta da Dio dell’anima dell’uomo vuol dire che ogni vita concepita, in qualunque circostanza, viene al mondo destinataria di un atto esplicito d’amore di Dio. Ecco perché siamo tanto desiderosi di amore. Ogni amore finito ci può soddisfare, ma lascia sempre un margine di insoddisfazione». Cosicché tutte le regole si riducono in un comandamento nuovo, “che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”; una dimensione fortemente utopica, ma la proposta di Gesù non è ancora oggi così suggestiva, anche per tanti che non credono in Dio, proprio per la capacità di raccontare ai superbi come agli umili un’utopia – termine da intendere nel suo significato filosofico – che tanti vorrebbero vedere realizzata?