Con Pietro sulla strada del Regno
La fede non può fare a meno di camminare nel mare-male della vita. Difficile rendere testimonianza se non si è stati testimoni di ciò che si intende testimoniare, se non si è stati toccati dalla misericordia di Dio. Padre Michele Mottura, provinciale dei frati cappuccini di Torino, sceglie l’apostolo Pietro, il futuro san Pietro primo papa di cui proprio mercoledì è stato eletto il successore, per mostrare cosa significhi essere “Alla sequela di Gesù e annunciatori del Regno”. «Da come si vive la sequela di Cristo – ha detto padre Mottura aprendo l’incontro di catechesi – si rende testimonianza. Vorrei partire dai discepoli, che esperienza fanno del Cristo? Vien da dire che loro hanno attinto fino in fondo alla ricchezza trasmessa da Gesù e poi hanno saputo trasmetterla alla perfezione, ma questo è stato al termine di un lungo cammino. Tra loro spicca Pietro, che riassume l’esperienza dei dodici. Dopo tre anni di scambio reciproco e di predicazione con il Maestro, nell’ultima cena c’è la donazione totale di Pietro a Gesù, ma noi sappiamo che la sua è una fedeltà in divenire. Ecco, per essere annunciatori del Regno occorre fare un’esperienza: a Pietro mancava l’esperienza determinante per divenire annunciatore vero, quell’esperienza è rinnegare tre volte Gesù. La scena descritta da Luca 22 è molto recitativa e drammatica, non c’erano lampioni, solo qualche fuoco qua e là, quindi Pietro era lontano qualche metro da Gesù. Che figura, davanti al Cristo dice “io non lo conosco”. E’ la fetenzeria fatta in modo chiaro e completo, dopo aver diviso tre anni. Questo momento lo cambia, lo sguardo di Gesù non è di condanna, ma quello di ch già sapeva e non per questo revoca il mandato di essere “pietra” della Chiesa. Sembra dire “ricevi questo perdono e fanne tesoro per diventare evangelizzatore” ovvero per raccontare come Cristo ti ha cambiato la vita».
Non attraverso i miracoli, non attraverso segni metafisici da attendere scrutando il cielo, ma a partire dalla propria vita, dal segno che in essa ha lasciato il Vangelo, da ciò che per ognuno ha rivelato la “Buona novella”. Non solo nel bene, ma anche nel male: «Anche Maria – ha spiegato il padre provinciale – fa la stessa esperienza di misericordia, si sente testimone del popolo di Israele di cui è parte e lo esprime nel Magnificat. La misericordia per Maria è quella di aver ricevuto più di quello che spetta; di fronte a questo grande dono la sua domanda non è “perché”, ma “come”, non dubita di Dio ed accetta la sua misericordia». Più accidentato e fatto di esitazioni il cammino di Pietro, in ciò davvero specchio di ogni uomo. «Prendiamo l’episodio del mare in tempesta, con i discepoli disperati e Gesù che giunge alloro camminando sulle acque. Pietro vuole fare quello che Gesù sa fare: quale cristiano non vorrebbe? Ma qui Pietro tenta Dio e dubita di lui dicendo “Signore, se sei tu comanda”. Il frasario è importante ed in questo caso è simile a quello delle tentazioni: “Se sei Figlio di Dio”. Anche noi nelle nostre preghiere quante volte diciamo “Signore se sei buono fa che questo mio parente malato guarisca”. Il frasario tradisce. Pietro non ce la fa ad essere annunciatore, vuole seguire Gesù secondo i suoi comodi. Il mare è simbolo del male, la tempesta e il vento sono come gli avvenimenti avversi nella vita e Gesù dice vieni, ma per venire devi passare nel mare della vita. Quando Pietro dice “Signore salvami” ecco la vera fede, ma il Cristo lo redarguisce: “Perché hai dubitato uomo di poca fede?”, come a dire fly down, passa dentro al mare-male e grida “Signore salvami” per essere davvero annunciatore del Regno».
Pietro tuttavia non è solo effige del cristiano, lo è pure della chiesa. «Cosa manca a Pietro – si è chiesto padre Michele – e cosa manca alla chiesa oggi e cosa manca a noi? Anche noi come Pietro facciamo un cammino ambivalente, tra slanci e difficoltà. La comunità cristiana italiana, che perde terreno di giorno in giorno e fa fatica a rilanciare, è segnata da profonde delusioni, in difficoltà. Ha ricevuto la ricchezza e va a fare altro: c’è un altro passo del vangelo che ci dice di questa situazione, di una chiesa che ha ricevuto il Cristo risorto eppure non riesce a trasmetterlo. In Giovanni 21 Gesù si manifesta sulla riva del mare di Tiberiade, dove i discepoli erano andati a pescare senza prendere nulla. Dopo la risurrezione sono tornati alla vita iniziale, il lago di Tiberiade è il lago di Galilea, e hanno lasciato Gerusalemme. Pietro è il leader, ma torna al mestiere di prima, da pescatore di uomini a pescatore e basta. Ha un po’ del vigliacco. La situazione della chiesa italiana, che ha ricevuto tanto eppure torna a pescare, fa altro come se l’annuncio non fosse giunto. Non è mai la parola che cambia la vita, ma l’esperienza che quella parola ti porta a fare. Già all’inizio, in Luca 5, c’era stata una pesca sfortunata: Pietro si è dimenticato tutto e rimane senza pesci. La parola di Gesù è dura: “figlioli non avete nulla da mangiare?” Cosa ti manca bello? Occorre rendersi conto che la vita non ha consistenza se non è rivolta a qualcun altro». Per divenire annunciatori del Regno. Ma, passando da Pietro ad ogni cristiano, come? La ricetta di padre Mottura prevede tre punti. «Vedo tre caratteristiche. Bisogna custodire un’assenza: Dio non lo vediamo, il Vangelo può annunciare il Regno nei desideri e nelle attese dell’uomo d’oggi. Bisogna segnare una differenza: fare le stesse cose con una prospettiva diversa. Rispetto alla pomposità ed al trionfalismo del passato bisogna riscoprire mitezza ed umiltà; i miti sono coloro che non si impongono e non pretendono, vanno e portano la fede alla porta, senza imporsi. Le uniche due caratteristiche che Cristo dice di sé sono la mitezza e l’umiltà, in Matteo 11, le caratteristiche divine e quelle del nuovo annuncio. Bisogna mostrare una promessa: noi testimoniamo una promessa, bisogna mostrarla però dal punto di vista operativo. Mi piace prendere l’esempio di Francesco: Signore, cosa vuoi che io faccia? Ripara la mia casa, che come vedi è in rovina». Un’impostazione, lo ha rivelato lo stesso padre provinciale, martiniana, che pone al centro la mitezza, l’umiltà, l’esempio di san Francesco. Che qualche cardinale fosse in ascolto lunedì sera?