Il significato dell’ascolto
In principio era il verbo. Il “logos”, la parola. E se la parola è al principio di ciò che è divino, al principio dell’uomo non può che esservi l’ascolto. «L’ascolto – esordisce il vescovo Maurizio Gervasoni – è uno degli atteggiamenti fondamentali dell’uomo, dimensione della libertà e della coscienza dell’uomo. Dal punto di vista antropologico la condizione profonda della fede è l’ascolto: “shemà Israel”, “ascolta Israele”. Dio dà la Parola, tu ascolta».
Lunedì sera, Gifra, primo incontro della catechesi dedicata all’ascolto del prossimo, lezione introduttiva tenuta dal vescovo Gervasoni, che attraverso un percorso concentrico a vortice parte dalla linguistica, dalla psicologia, dall’arte, dalla filosofia e ad ogni giro si avvicina al centro del discorso, l’ascolto religioso. «Certa arte contemporanea – spiega monsignor Gervasoni – produce come prima reazione un non ascolto, ma per far parlare un quadro è necessario assumere un atteggiamento in primo luogo di rispetto, perché io non so cosa mi vuol dire l’altro, occorre lasciarlo parlare. Un vecchio detto dei Sioux dice che quando ti parla un capo indiano devi aspettare dieci secondi prima di rispondere, altrimenti tu stai a sentire quel che gli vuoi rispondere e non quel che ti sta dicendo. E’ così, quando vuoi far smettere di discutere due persone chiedigli “ma di cosa state parlando?”. Non ci si ascolta se non in funzione di affermare la propria ragione, è una logica non di ascolto, ma di dominio». Un dominio che si esplica secondo diverse modalità, attraverso la prevaricazione delle proprie parole così come mediante stereotipi culturali e pregiudizi sociali, che agiscono prima ancora che si entri nella dimensione dell’ascolto: «è bella – domanda il vescovo Gervasoni – la nostra musica? No, siamo semplicemente abituati ad essa. Immigrazione ed integrazione ci hanno messo in contatto con tutta una serie di codici linguistici e culturali che rendono meno ovvi i nostri»
Per arrivare all’ascolto occorre allora un atteggiamento consapevole, capace di oltrepassare modelli teorici, ricordi, logica, conoscenze pregresse,stati emotivi, sistema valoriale per concentrarsi sul messaggio, ciò che si deve ascoltare, e non su altri fattori della comunicazione quali emittente, codice, canale, contesto – pure fondamentali per la tecnica dell’ascolto – che possono bloccare il processo interpretativo. «L’interpretazione – argomenta il vescovo – chiede più profondità e più attenzione, per alcuni aspetti è un secondo livello di percezione, avviene su una percezione già nota. Quando arriva una cosa nuova non ascolti, prevalgono dubbio e sorpresa, l’ascolto è quando percepisci il noto e ti accorgi che manca qualcosa: ascolto è rielaborare, approfondire, oltrepassare per introdurre una conoscenza nuova o più profonda», perché «l’ascolto produce significato nuovo». La consapevolezza allo stesso tempo comporta un giudizio da parte dell’uomo: «l’ascolto fa riferimento a una delle grandi dimensioni della vita dell’uomo, cioè la scelta. L’ascolto permette di scegliere, di rischiare. Alla base dell’ascolto sta una scelta, ma poiché è atteggiamento è un’azione buona o cattiva, puoi compiere una scelta e ad esempio affermare il falso. L’ascolto comporta sempre l’attenzione all’altro per rispettarlo e capirlo, ma chiede al contempo l’auto-ascolto, l’ascolto e la verifica di te stesso».
Uno scatto dalla dimensione fenomenologica alla dimensione etica, sulla quale «si innesta l’ascolto religioso. Nessuno ha mai visto Dio, non è empiria. Andare a Dio necessariamente comporta un ascolto, la relazione con Dio e con il bene non appare immediatamente. Se per esempio chiedo ai bambini della prima confessione “che cosa vuoi fare?” la risposta è “ciò che mi piace”, la coscienza morale dice invece “ciò che è giusto”. Sono uguali le due cose? Quasi mai. Ciò che è bene chiede un’elaborazione di ciò che ti piace; il passaggio dal principio del piacere a quello del dovere comporta una rielaborazione, dall’atteggiamento istintivo a quello morale. Senza ascolto non c’è questo passaggio». Ma questa «elaborazione del mistero della vita non è più posta solo sotto l’indagine razionale. L’ascolto del mistero dell’uomo si esprime nell’ascolto religioso, forma radicale dell’ascolto in cui è Dio che dice quale è il vero bene dell’uomo. E chi lo afferma? L’uomo, attraverso l’atto di fede. Diciamo che il mondo è bello, ma lo è davvero? Abbiamo sperimentato che da bambini la mamma ci dava da mangiare, ci proteggeva, la nostra azione consapevole non ha fatto nulla nella nostra nascita. Da chi viene quel bene? Quel bene ti chiede di essere accettato, la spiritualità è abituarsi a fare il bene come propria volontà. Lo Spirito Santo è la condizione radicale dell’ascolto». Da qui comincia il cammino sulla strada dell’ascolto.